Musicoterapia: il suono che ti cura

Musicoterapia e nada yoga

Sapevate che l’udito è il primo senso a svilupparsi nel neonato e l’ultimo ad abbandonare l’uomo prima della sua morte?

Per le dottrine orientali il suono è molto importante, da cui l’utilizzo dei Mantra, sillabe simboliche che producono effetti psico-fisici su basi rigorosamente logico-matematiche. Detto questo, non mi stupisco se un individuo con problemi psicologici, per esempio affetto da autismo, possa trarre grande beneficio dall’utilizzo della musica e degli elementi musicali in un contesto terapeutico guidato dal musicoterapeuta.

La musicoterapia è quindi una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la società. Da un punto di vista scientifico, invece, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo studio e la ricerca del complesso suono-uomo, sia il suono musicale o no, per scoprire gli elementi diagnostici e i metodi terapeutici a esso inerenti.
Mentre nel Nada Yoga sono studiati e sperimentati da migliaia di anni le influenze benefiche del suono, e quindi della musica, sull’uomo in condizione di salute normale, la musicoterapia è una disciplina occidente che si propone obiettivi simili ma nel contesto della malattia. Questa, a parere mio, è una grande differenza tra l’approccio orientale e quello occidentale. Per noi una cosa diventa importante solo quando ha applicazioni di recupero e reintegrazione, e sono solo pochi decenni che ce ne occupiamo, mentre dall’altra parte ci si preoccupa del benessere delle persone sane, perché stiano meglio ancora prima di ammalarsi, e questo da centinaia di anni (vedi prima tra tutte la psicologia).
L’ideale sarebbe un’integrazione tra le due cose, una fusione. Probabilmente avremmo il vero “sapere” che ancora ci sfugge. Il maestro spirituale Osho auspicava che l’unione tra occidente e oriente avrebbe fornito un superuomo, chissà che prima o poi non succeda davvero.
Tornando alla musicoterapia, è certamente ottima per alcuni pazienti, perché essi diventano parte attiva della terapia; vi è un rapporto di fiducia e accettazione incondizionata col terapeuta; le tecniche sono adattate e personalizzate volta per volta; avviene uno scambio reciproco di proposte tra paziente e musicoterapeuta; si stabilisce di un legame tra il musicoterapeuta e il paziente grazie al suono.
E soprattutto non ha controindicazioni, come invece hanno gli psicofarmaci!

by WENZ

Cfr. Nada Yoga – La Musicoterapia Orientale

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3 commenti

  1. Che bello! E’ un piacere andare a lavorare e intanto domandarsi ‘cosa tirerà fuori dal cappello oggi il mago?’
    Comunque io credevo che l’udito fosse il primo ad abbandonarci; mia nonna, morta a 100 anni, era sorda come una campana già da 15/20 anni, invece l’appetito ce l’aveva buono, eccome!

    • Eh eh, è vero anche questo, ma ricorda che essere sordi non significa aver perso l’udito. Vuol dire che non si riesce più a percepire alcune frequenze per colpa degli organi invecchiati, ma il senso nel cervello è rimasto, per cui si possono sentire lo stesso le vibrazioni sul corpo ad esempio. E cmq volevo dire che la zona del cervello dedicata all’udito è l’ultima a spegnersi tra quelle dei sensi. Beata tua nonna però che è arrivata a 100 anni, complimenti… sarà l’aria di montagna. 🙂

      • Che meraviglia leggere finalmente di qualcuno a cui è più che chiaro che l’udito non è una conditio sine qua non per la musica…proprio in relazione ai sordi, occupandomi di disabilità, ho consigliato di immergerli nella musica come in una vasca da bagno. Sono le vibrazioni a non dover mancare, non l’udito.

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