Felicità e controllo delle emozioni negative

Cavalli in libertàLa felicità non è uno stato in cui ci si può trovare, è un atteggiamento. Non significa non soffrire mai, ma soffrire limitatamente agli eventi negativi che capitano nella vita e risollevarsi subito, sapendo che viviamo di alti e bassi. Significa avere un controllo, anche solo parziale, sulle proprie emozioni, in modo che queste non ci possano sopraffare. Più questo controllo aumenta e più possiamo essere felici.

Immaginiamo per un momento che la nostra parte emotiva sia rappresentata da cavalli che trainano una carrozza (che saremmo noi). Se le briglie sono troppo lente i cavalli si sentiranno liberi di andare dove vogliono, potrebbero anche imbizzarrirsi e causare danni alla carrozza. Per questo si dice che siamo artefici della nostra vita, perché in realtà le redini le abbiamo noi.

Non importa quanto impervia possa essere la strada (la vita), se controlliamo e conosciamo la nostra carrozza, possiamo affrontare qualsiasi percorso. Alla fine è inutile trovare scuse: se non siamo felici siamo noi i primi responsabili di questo. Non possiamo incolpare nessun altro per il nostro atteggiamento, dipende tutto dalla nostra volontà.

Molti si adattano a una vita infelice perché pensano che non vi sia alternativa, e così lasciano ancor più liberi i cavalli. Semplicemente non conoscono cosa sia la felicità e si accontentano. Ma nel momento in cui assaporano un po’ di gioia, possono trovare l’energia per cambiare quest’alchimia. Farlo non è poi così difficile. Bisogna conoscersi e riprendere il controllo, cercando esperienze che non disturbano la felicità.

Alcune persone perdono la propria felicità molto banalmente. Ad esempio un uomo viene insultato, o anche solo crede di essere stato insultato, anche non deliberatamente, ed ecco che la felicità scompare. Oppure nel traffico, per una manovra azzardata, ed ecco che compare la rabbia. Quasi come se uno non aspettasse altro che l’occasione giusta per perdere la felicità.

Non ci sono limiti alla gioia, può sempre aumentare se vogliamo, fornendo nuova energia e stimoli. Ma attenzione, perché anche la depressione può fare altrettanto, rubandoci energia e rendendoci deboli. Bisogna solo essere reattivi e non dare la possibilità agli eventi negativi di prendere il sopravvento. Per questo le redini dei nostri cavalli devono essere sempre ben tese.

(articolo ispirato agli insegnamenti dei maestri Osho e Gurdjieff)

by Wenz

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6 commenti

  1. Non sono molto d’accordo sul fatto che essere felici sia soltanto una nostra responsabilità, lo trovo un po’ troppo colpevolizzante, ma certo credo che sia nostra responsabilità e forse anche un dovere verso noi stessi cercare di superare o controllare il circolo vizioso della sofferenza e della depressione. Cercare di star bene con se stessi sarebbe l’idea, il resto consegue. ByebyeWenz.

  2. Non dire colpevolizzante. Così parti già con un opinione negativa. Meglio dire “responsabilizzante” non trovi? Credo i momenti difficili non devono essere temuti o evitati come uno spauracchio, ma dovrebbero diventare occasioni per la propria crescita e rafforzamento. Tutto sta nella propria volontà di rialzarsi.
    Ciao violagirl

  3. Devo ammettere, questa frase mi ha provocato un sottile malessere. In realtà, dal punto di vista di chi ha conosciuto la depressione, ho pensato che questa affermazione potrebbe apparire una conferma di quei sensi di colpa per la propria incapacità di godere la vita, tipici appunto di chi si trova in questo stato. Anche se poi non è che un depresso non voglia più vivere, non ha semplicemente più la forza e la voglia di vivere nel mondo, perché non lo sa accettare non sapendosi accettare; nonostante le apparenze, la sente questa vita implodergli dentro e minare la sua volontà, martellata da una mente che mai tace, mai dà tregua. Intendevo che è ‘sto sforzo sovrumano per uscire dal proprio mondo di ossessioni alla vita reale la vera sfida e la responsabilità che uno deve cercare di assumersi, e qui sta l’eroicità, perché invece il risultato (chiamiamolo pure felicità) non è mai certo e direi anche difficilmente definitivo. notte-wenz-namasté

  4. Ammetto che quando una persona si trova in un momento difficile come la depressione, uscirne non è semplice. Bisogna sempre partire dal presupposto che i sensi di colpa sono l’unico errore che si può fare. I sensi di colpa nascono dal paragone con gli altri, ma ogni persona è diversa e soprattutto è diverso il modo in cui si è arrivati ad essere in difficoltà. Trovare la forza per reagire significa in primo luogo conoscersi, centrarsi e portare l’attenzione su se stessi. Non bisogna tentare di scacciare la depressione, ma piuttosto conoscerla, accarezzarla, accudirla, accompagnarla e lasciare che faccia il suo corso. Il suo scopo è cambiare la nostra alchimia. Per fare questo dobbiamo essere pazienti, non giudicarci e cercare di richiamare le nostre energie convogliandole in maniera positiva. Non dico che è facile, dico solo che è l’unica possibilità di uscita, e se siamo arrivati fino alla depressione, allora significa che probabilmente è un lavoro che doveva essere fatto prima e non è stato fatto. Nessuno lo farà al posto nostro purtroppo. Perciò forza e coraggio!! Come dice la saggezza popolare :))
    Namasté guitargirl

  5. Sì, certo, ma non parlavo di me adesso, mai stata così bene come negli ultimi tempi…
    Ci sono però altre componenti nella depressione, che chi non ne ha avuto esperienza diretta, fatica a immaginare. Parlando del ‘lavoro che doveva essere fatto e non è stato fatto’ , ad es. ci si dimentica o si ignora che esiste anche la depressione infantile. E allora ‘quanto prima’ uno avrebbe dovuto cominciare a fare un lavoro su se stesso, quando il lavoro ‘contrario’ al proprio sé era già stato avviato fin dalla nascita? Non prima dei 15 anni, direi, e sai che calvario?
    Mi rendo conto che un’esperienza così soggettiva non si puo’ veramente spiegare in due parole…magraziewenz ti leggo sempre con piacere

  6. Naturalmente si parla sempre in generale, non di casi specifici. La depressione infantile e la depressione degli adulti sono due cose diverse. Io mi riferivo ad uno stato che non è patologico, ma un momento di difficoltà di un individuo adulto. Naturalmente esistono delle patologie che non sono superabili se non con terapie efficaci e lo sforzo congiunto di medico e paziente. Ma anche chi soffre di una patologia simile ha bisogno della volontà di superarla, altrimenti sarà destinato a diventare dipendente da farmaci che lo aiuteranno chimicamente a trovare uno pseudo-equilibrio. E’ ben inteso che un bambino non arriva alla depressione perchè non ha avuto prima la forza di reagire. Per cui ribadisco che nei miei articoli spiego atteggiamenti benefici per persone sane, chi ha una patologia deve trovare la volontà di superarla e mettersi nelle mani di persone competenti nel campo opportuno.

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