Felicità: una nostra responsabilità

essere feliciForse alcuni pensano che la natura, o Dio se preferite, siano ingiusti. Che la loro vita non è come avrebbero voluto e che succedono cose orrende al mondo che nessun Dio dovrebbe permettere accadano. Questo è un nostro punto di vista, che segue una morale personalizzata, è anche comprensibile, se vogliamo, ma non credo sia corretto. L’esistenza non è ne giusta ne ingiusta, è imparziale, è naturale. Il sole sorge per tutti, buoni e cattivi, santi e peccatori. La pioggia è per tutti, le stagioni non fanno distinzioni. E’ l’uomo che fa distinzioni e causa i suoi dolori. La maggior parte delle malattie sono provocate dall’inquinamento, dallo stress, dall’alimentazione non corretta, dallo sfruttamento, dalla sovrappopolazione, ecc. Le ingiustizie sono causate dall’uomo.

E’ vero che nel mondo ci sono molte sofferenze e infelicità, ma la responsabilità è dell’uomo, non di qualcun altro. Molte persone avrebbero la possibilità di essere felici, di gioire, ma rimangono aggrappate alla loro infelicità, perché per staccarsene dovrebbero rinunciare a qualcosa di molto personale e sicuro: l’ego. Siccome l’infelicità l’abbiamo creata noi, ostinandoci a inseguire qualcosa che non è naturale, alimentando il nostro egoismo e accentuando la divisione dagli altri esseri sulla Terra, siamo molto legati a essa. Non vogliamo perdere ciò che abbiamo creato, anche se spesso è evidente che non ci ha reso felici, ma lasciarlo andare significherebbe ammettere di aver sbagliato, e questo il nostro ego non lo può fare.

Incamminarsi nel Vero, non significa rinunciare a tutto, ai propri averi, al mondo, alle proprie relazioni, non significa rinunciare alla vita. Bisogna solo rinunciare alla propria infelicità. In quel momento si aprono porte che prima erano chiuse, la gioia compare, ci si sente beati ed estatici. Succede perché si è finalmente ritrovato il giusto ruolo nell’Universo che ci compete, che è semplicemente quello di esistere in armonia con la natura. Succede perché una a una cadono le maschere che portavamo, e con esse le sicurezze che ci confortavano.

Trovare la felicità o l’infelicità è una nostra responsabilità, perché lasciando cadere le maschere che ci proteggono, insorge la paura del vuoto, dell’infinito che ci si propone. Sotto il nostro ego si cela il volto della bellezza e del divino splendore, ma non è nostro. Siamo noi che siamo suoi, è di tutti e tutti siamo così. Questa è quella che i maestri chiamano “Coscienza Cosmica”.

Arrivare a danzare assieme all’esistenza, senza starsene seduti in un angolo a guardare, significa assumersi le proprie responsabilità, armarsi di coraggio e lasciare cadere le sicurezze che ci ancorano a questo mondo artificiale che ci siamo costruiti. A quel punto basta un istante di comprensione per innescare un processo che ci rende completamente naturali e veri!

Questo è quello che i maestri chiamano “Illuminazione”.

(Articolo ispirato agli insegnamenti del maestro spirituale Osho)

by Wenz

 

Cfr. Consapevolezza: qual è il suo significato?

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