Osservarsi senza identificarsi

occhio che guarda

Così come l’occhio che guarda non vede sé stesso, per osservarsi occorre non identificarsi nell’osservatore. La via della pace passa per una profonda visione di sé stessi, ma per farlo davvero occorre paradossalmente un certo distacco.

Credo in una grande complicanza nella natura umana, e non sono certo l’unico in questo. Un po’ come una cipolla, siamo costruiti su più livelli che si sovrappongono: quelli più esterni e superficiali non lasciano trasparire quello che realmente siamo sotto.

Il modo di pensare alla propria interiorità dovrebbe essere qualcosa di assai importante, cioè una maniera profonda di conoscersi e apprezzarsi, cercando di evitare inutili, o anche dannosi, schemi comportamentali e mentali.

All’esterno abbiamo una forma: il nostro aspetto, il nostro sesso, il colore della nostra pelle, ma all’interno non l’abbiamo. Abbiamo un’età, siamo stati o saremo bambini, adulti e anziani, ma all’interno siamo senza età. Possiamo essere felici, tristi, provare piacere oppure dolore, ma all’interno siamo calmi, non siamo né l’una né l’altra cosa.

Il fatto che nessuno sappia esattamente cosa siamo nel profondo, non deve minare il nostro modo di vivere la vita, creando paure o conflitti interiori, ma piuttosto dovrebbe essere una risorsa. Se non conosciamo esattamente la nostra natura, almeno rispettiamola e non giudichiamola. L’errore più grande che possiamo fare in questo senso è quello di identificarci. Se diciamo “io sono così”, oppure “io mi sento così”, dimentichiamo che questa è solo la superficie.

Un lago ha onde e increspature varie sulla sua superficie, ma sotto, nel profondo, non c’è quel movimento, c’è più pace. E noi siamo in un certo senso fatti a questa maniera. Sopra possiamo apparire in un particolare modo, ma sotto, nemmeno noi stessi ci capiamo davvero profondamente.

L’unica via è osservarsi senza identificarsi in qualcosa di particolare. Né un aspetto negativo, e questo è più semplice, ma nemmeno una cosa positiva, perché in realtà noi non siamo realmente nessuna delle due. Questo modo di porsi alla vita è detto del “testimone”, e significa diventare un osservatore di quel che ci accade, senza esserne turbato eccessivamente, ma mantenendo una capacità critica dovuta al distacco, che non crea così ansie eccessive. Ecco un insegnamento molto importante.


Meditiamo sull’osservarsi del testimone con una musica adatta: “Meditation Lake”.


Ti è piaciuto questo articolo? Allora potrebbero interessarti anche le opere dell’autore Enzo Crotti:


Condividi

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *