Satcitananda (o Satchidananda) può essere intesa come stato energetico del non dualismo, una manifestazione della nostra natura spirituale, lo stato primordiale ed autentico, che è paragonabile, per qualità a quello della divinità. Questo è il suo significato.
In Oriente esiste una trinità diversa da quella cristiana conosciuta in Occidente, essa riguarda una realtà fatta della sostanza chiamata beatitudine. Satchitananda deriva da: Sat come verità, Chit come consapevolezza e Ananda in quanto beatitudine, ecco le tre qualità del Reale.
Tutto ciò che vediamo, quello che esiste è espressione divina, è beatitudine, vivere credendo di essere scollegati dal resto, come una parte in opposizione al Tutto, significa essere infelici. Spesso l’essere umano crea una distanza tra sé e quello che lo circonda, una separazione da qui deriva l’infelicità.
In Oriente si fa spesso la metafora dell’Oceano. Il pesce può essere felice solo nell’Oceano, poiché ne è un frutto, un’onda che prima o poi dovrà scomparire di nuovo nella vastità del mare. L’oceano è sconfinato ed eterno e viene detto Kabiro. L’uomo è un po’ come un pesce che prende le distanze dall’Oceano per non ferire il proprio ego, ma in questo modo si mette in balia delle onde. Cercando di opporsi al proprio elemento naturale non potrà che essere infelice.
Vivere con la consapevolezza di non essere separati, che questa separazione è solo nella nostra mente, questo è un grande insegnamento dei saggi. E’ la mente che crea l’infelicità, nella realtà non esiste nessuna infelicità, nessuna miseria.
Verità, consapevolezza e beatitudine sono Satchitananda. Tra queste la beatitudine è dunque la vetta suprema, dissolvere il senso di separazione (ego) per scomparire nell’Oceano dell’esistenza.
Devo confessare che perdermi in questo oceano mi fa un po’ paura, perdere cioè quel minimo senso di individualità e unicità, che dovrebbe costituire il senso del nostro essere qui in questa realtà materiale dopo la separazione da un ‘ indistinto tutto’.
Ah, ieri ho mangiato troppi funghi (forse allucinogeni).
La paura è normale. Il problema non è quando un bimbo ha paura del buio, ma quando un uomo ha paura della luce (non mi ricordo da chi l’ho sentita, ma è una bella frase).
I funghi… meglio di no, anche se qualche volta possono fare vedere la realtà in un altro modo… ci sono altre strade più sicure!:P
Sarebbe già utile distinguere bene il buio dalla luce, e quindi sapere già che direzione seguire. Mi sa che sono ancora in zona crepuscolare, ad essere ottimisti. Mi pare che questo blog sia già una forma di ‘meditazione’. Magari a ottobre trovi una nuova allieva…
Lo siamo tutti credo… e a ottobre trovi anche un nuovo maestro! 😉