Tutti, chi più e chi meno, prima o poi sentiamo la necessità di andare in profondità nel nostro sé. Chi lo fa attraverso la meditazione, chi attraverso l’introspezione, oppure attività creative e sportive. Succede quando si capisce che il mondo che sta fuori di noi è troppo mutevole, e non ci permette nessun punto fisso (il famoso “centro di gravità permanente” di F. Battiato). Ci sono poi momenti in cui siamo costretti a farlo, perché magari una grossa delusione fa cadere molto o tutto di quello che avevamo costruito prima.
Scendendo in profondità, può nascere un problema, e spesso è così. Si arriva a un punto in cui si avverte una paura esistenziale che non si capisce bene che causa abbia. Nonostante la natura sconosciuta di quest’emozione, non è un segnale negativo, ma il contrario. E’ un sentimento purificatore, e come tale non deve essere sfuggito, anche se è molto difficile, in quanto siamo abituati a fuggire dalle paure che conosciamo, figuriamoci da quelle che ci sono ignote.
Il motivo di quella paura è che la perdita di punti di riferimento produce un progressivo disgregarsi dell’ego, e da qui nasce la paura della morte di una parte di noi. Ma in realtà si tratta della intuizione dell’inutilità di quella parte che credevamo fosse importante.
La prima cosa da fare, se succede, è semplicemente di accettare questo sentimento di paura. Accettarlo come un segnale che ci rivela l’esistenza di qualcosa di più profondo che va al di là di quello che pensiamo di essere. Il problema è che quando c’imbattiamo in qualcosa che non possiamo giustificare, spesso siamo portati a cercarne una ragione. E’ la nostra mente che s’inquieta e cerca di razionalizzare tutto.
Succede allora che tutte le cause del mondo possano essere accostate a questa paura: il rapporto sentimentale, il lavoro, un amico, tutto può fungere da giustificazione, ma purtroppo non è la realtà. E’ solo una “toppa” che cerchiamo di mettere a qualcosa che non capiamo perché è fuori dai nostri canoni.
Cercare le cause all’esterno di noi non servirà. Anche se ci sentiamo “stupidi” perché non sappiamo cosa ci succede, il modo giusto è accettare questa paura ignota e inoltrarci ancor di più nell’abisso della nostra coscienza. Anche se saremo completamente catturati e travolti dalla paura, dobbiamo resistere, perché oltre questo limite c’è il reale.
Questo ragionamento non vale solo per i momenti veramente difficili della nostra vita, ma anche per tutte quelle paure che non capiamo o che interpretiamo male quando ci colpiscono. Il modo giusto per affrontarle è quello di lasciare che svolgano la loro funzione, senza razionalizzare per forza e abbinarle a un possibile motivo. Spesso le paure servono a “uccidere” una parte di noi. Non vanno capite, vanno usate accettandole e lasciandole compiere la loro funzione. Con molta umiltà.
(articolo ispirato agli insegnamenti dei maestri Osho e Gurdjieff)
by Wenz